Benvenuti a un nuovo appuntamento con le interviste de “La favola del successo”, la collana di libri dedicata agli imprenditori e a chi desidera accrescere il proprio know-how. Oggi abbiamo il piacere di dialogare con Silvia Businelli, fondatrice di Mirasolvia, un’importante realtà nel mondo della parafarmacia e dei rimedi olistici.
Anzitutto benvenuta Silvia! Siamo molto felici di intervistarti perché l’idea del tuo libro è qualcosa di molto utile per i lettori. Partiamo dalle parole che compaiono nel logo di Mirasolvia: “Fos”, ovvero luce, e “Zoe”, vita. Che significato hanno?
“Per me luce e vita si collegano innanzitutto a un concetto fisico profondo: “Vita” significa amore, amore per noi stessi e come dono di noi stessi. Questa per me è l’essenza del libero arbitrio”.
Per questo fai riferimento al Sole, che emana luce, cioè vita e amore incondizionato, giusto?
“Esattamente. Questo Sole è una rappresentazione interiore della via, il cammino verso noi stessi: possiamo vivere bene solo seguendo il nostro Sole interiore, appunto”.
Al Sole fa riferimento anche il nome “Mirasolvia”, richiama la meraviglia del tuo Sole interiore, che è la via. Il Sole come elemento salvifico, ma anche come una potenza terribile: una tremenda meraviglia, giusto?
“Sì, il Sole che può abbagliare, accecare o scottare, ma io lo intendo prima di tutto come quella luce, quella coscienza che può illuminare tutto quello che abbiamo nel nostro inconscio, tutte le nostre dinamiche, le nostre fragilità”.
Questa coscienza è in sostanza un viaggio interiore, perché si comincia con “mira” e a ciò segue “solvia”, cioè, inizia a guardare, acquisisci questa prospettiva, meravigliati come se guardassi con gli occhi di un bambino e poi segui la via del tuo Sole interiore…
“Certo, e per dare il via al viaggio iniziatico ci vuole un primo passo; bisogna piantare un primo semino che poi possa germogliare. Questo primo passo, secondo me, equivale a fidarsi di ciò che ancora non si conosce; dare fiducia al se stesso ancora non esplorato, ma che inconsciamente indica la via. È un salto nel buio o, meglio, fuori dal buio. Un po’ come quando il bambino esce dall’utero e, appunto dal buio passa alla luce… Per completare questo passaggio deve esserci il taglio del cordone ombelicale… Solo così potrà iniziare a respirare da solo. È un salto, un rischio, un momento di pericolo e di paura, come avviene sempre in ogni trasformazione ed evoluzione. Ma è come se quel seme di esistenza che eravamo nell’utero, in qualche modo ci chiedesse di fidarci e affidarci a questa trasformazione. C’è una vita a priori, proprio un’esistenza dell’anima a priori, che si forma, cresce per poi uscire alla luce. È come se bisognasse portare quel semino di esistenza a priori, alla luce, alla nostra luce, tirarla fuori e manifestarla nel mondo. Tante delle nostre ferite, traumi, resistenze, fragilità, sono dovute proprio al rifiuto di affidarsi e alla difficoltà di riconoscere quell’esistenza a priori”.
Sicuramente per fare il salto nella luce, di cui parli, serve capacità dell’intuizione, che ha molto a che fare con la credenza: server la forza di credere in quello che non vediamo con gli occhi ma che sentiamo come vero. Intendo correttamente?
“Sì, perché non c’è solo l’occhio che percepisce il visibile. Alcune persone in realtà hanno delle percezioni, ma l’intuizione è qualcosa di diverso: io ne parlo molto come qualità “animica”, qualcosa che riguarda quelle cose che sai che sono così… Quelle per cui non hai bisogno di una prova pratica e che non hai bisogno di dimostrare. E quell’intuizione, quell’esistenza a priori, secondo me, diviene sempre più chiara e la senti quasi a livello delle cellule del corpo, quando accogli il semino di luce e di amore. È allora che sai di non essere da solo”.
Quindi in qualche modo c’entra “l’anima Mundi”, il fatto di essere tutti insieme questa ZOE, questa vita più grande di noi?
“Sì siamo tutti insieme, ma non nel senso che tutti siamo uguali. Ognuno di noi ha la sua individualità, quindi la sua integrità animico-spirituale, e ognuno partecipa al disegno universale rispettando la sua unicità”.
Quindi quello che tu cerchi di fare, Silvia, è aiutare le persone a prendere consapevolezza e familiarità con questo ciclo di trasformazione e di rinascita, per poi fargli capire come questi “semini” possono aiutarli a cambiare e a vivere una vita più piena?
“Sì, esatto, una vita più piena nel senso che il cuore percepisca la gioia. E la gioia del cuore la puoi percepire in tantissimi modi. Però tra questi sicuramente anche semplicemente con un abbraccio o quando una persona ti ascolta in modo empatico…”.
Tu operi anche con la fitoterapia e con la chinesiologia in visione olistica?
“Sì, anche con l’omeopatia, ma non ho preclusioni, nel senso che, se una persona mi dice che ha un mal di testa terribile e ha bisogno dell’aspirina o di ibuprofene, io non mi scandalizzo, però magari mi chiedo se non c’è anche la possibilità, soprattutto se è un dolore cronico, di provare a comprendere il significato di quel conflitto, perché tendenzialmente il mal di testa è molto dovuto anche a un conflitto per il quale non riusciamo a trovare una soluzione. Quindi due parti dentro di noi che combattono e tutte e due dicono di aver ragione ma non trovano la soluzione”.
Vuoi dire che i disequilibri e i problemi fisici riflettono delle ferite interiori?
“Esatto, penso ad esempio all’abbandono, al rifiuto… Quel tipo di ferite che poi creano una specie di risposta immunitaria del nostro organismo con infiammazioni piuttosto che altri tipi di patologie che sono una risposta al relativo trauma che non viene risolto a livello animico. Io sono laureata in chimica e farmaceutica, quindi non posso rinnegare l’efficacia della medicina. Però l’approccio che ho adottato cerca anche di sentire l’altro che c’è (ma non si vede facilmente) e di capire in più in profondità che affinità ha la persona da curare e quali resistenze deve superare per guarire. Secondo me è essenziale stare in ascolto dell’altro, sentire, essere aperti al suo percorso, senza agire in modo violento per trovare la soluzione in tempi rapidi.
Sicuramente è importante capire che ci può essere un approccio alla cura diverso e, volendo, più completo e risolutivo, che non esclude la medicina tradizionale, ma si affianca ad essa per completarla e andare oltre la risoluzione del problema in acuto.
“Vero, l’approccio alla cura è già cura! Cambiare la mente in modo tale da avere una cura già a livello interiore è l’importante. È scegliere di rafforzare il proprio io anche attraverso i rimedi che occorrono, nello specifico, alla persona. Questo implica entrare in relazione con quei rimedi che hanno un’energia vitale molto alta. Si tratta di nutrienti. Perciò devi digerirli, trasformarli, elaborarli, permettergli di entrare, affinché ti guariscano”.